Una mia pubblicazione in tema di teoria psicoanalitica
MODELLI DI NASCITA IN PSICOANALISI: IL PARADISO PERDUTO DI RANK
detta 'dei Fisiocritici' Atti dell'Adunanza Scientifica del 6.12.1994 Serie XV, Tomo XIII, 1994
La teoria di Rank poneva il trauma
della nascita come evento fondamentale dello sviluppo psichico umano.
Merito di Rank è stato quello di aver posto attenzione alle fasi più
precoci dello sviluppo. Ridimensionata successivamente l'importanza
del trauma, gran parte della tradizione psicoanalitica odierna si
interessa dell'evento 'nascita' come organizzatore della vita psichica.
Otto Rank, nel 1924, da alle stampe "Il Trauma della
Nascita". Il libro venne inizialmente accolto con favore da Freud che
in seguito, al contrario, vi si opporrà con estrema fermezza. Il libro
di Rank può essere a ragione considerato un tentativo di riformulare
teoria e prassi psicoanalitica, in base all'assunto che ogni essere
umano soffre, alla nascita, il più intenso trauma della vita, trauma
mai completamente superato e responsabile dell'inconscio universale
desiderio di ritorno nel grembo materno. Pur potendosi ritrovare, nel
corso della trattazione, numerosi riferimenti a Freud, la teoria di
Rank si presentava come ulteriore sviluppo della psicoanalisi e
negava, implicitamente, numerosi assunti della teoria freudiana.
Rank fonda la sua teoria su un trauma reale, quello della nascita, trauma posto nel luogo della causalità generale, ai confini tra biologico e psichico: è alla nascita che si connette la dinamica psichica nella sua totalità, che è finalizzata al superamento dell'angoscia originaria nel tentativo di ricomporre l'unità di tale primo fatale distacco. La dimensione filogenetica in Rank è assente, la storia dell'uomo è tutta scritta nella sua ontogenesi. Scopo dichiarato di Rank è quello di focalizzare l'attenzione sulla legge, biologicamente fondata secondo le sue stesse parole, che determina la fondazione dei contenúti psichici: è questo il nocciolo dell'inconscio, le fondamenta dell'edificío analitico innalzato da Freud.
Rank evidenzia come i processi di guarigione siano rappresentati, nell'inconscio, dal simbolismo tipico della nascita. Analogamente, una delle massime difficoltà a porre termine al trattamento analitico è rappresentata da una forma particolare di transfert che riproduce la fissazione alla figura materna: il distacco dalla figura dell'analista riproduce, per Rank, il primo distacco, dal primo oggetto d'amore: è il neonato, che deve staccarsi dalla madre. Il senso quindi del lavoro analitico è quello di far ripetere, con maggior successo, questo distacco, a suo tempo imperfetto. Ora, accade appunto che sin dall'inizio i pazienti identificano la situazione analitica con quella intrauterina, ponendosi nella situazione del bambino non ancora nato. Il setting stesso, nota Rank, si presta a questo vissuto.
Il problema dell'angoscia si pone nei termini in cui ogni forma di angoscia altro non è che la ripetizione dell'angoscia della nascita. Analogamente, ogni forma di piacere deriva, in estrema analisi, dalla tendenza a riprodurre il primo piacere, quello dell'esistenza all'interno del corpo della madre. In questo contesto è evidente come l'angoscia di castrazione assumesse un
significato dei tutto secondario, poiché è essa stessa conseguenza della castrazione originaria, quella della separazione del bambino dalla madre. Questa è in qualche modo responsabile anche dell'angoscia, vissuta questa volta in piena consapevolezza e quindi suscettibile di rimozione, che deriva dal trauma dello svezzamento, trauma secondario, che riattiva l'angoscia della nascita.
Vi è poi la problematica edipica, da affrontare secondo questo nuovo punto di vista, ed è ovvio come, gia a questo punto, la condizione di inconciliabilità nei confronti della teorizzazione freudiana sia insanabile; dice Rank:
"... gia al fondo della leggenda di Edipo troviamo l'oscura e fatale questione dell'origine dell'uomo... Edipo ritorna veramente nel ventre della madre... giacché la sua cecità rappresenta proprio il buio che avvolge il feto all'interno del corpo materno... siamo così arrivati a comprendere il senso psico-biologico di quella fase dello sviluppo normale dell'individuo che è il complesso di Edipo; scorgiamo cioé, in questo complesso, il primo tentativo di superare l'angoscia connessa coi genitali (materni), investendoli come oggetto libidico."(1924)
La centralità del complesso edipico lascia quindi il posto all'angoscia del trauma della nascita; svezzamento e separazione sono nient'altro che la ripetizione di questo primo trauma; l'angoscia è sempre legata alla prima, fondamentale separazione.
Nei sogni che si possono definire di "appagamento del desiderio" si ripropone, regolarmente, la permanenza nel ventre materno. Nei sogni d'angoscia, al contrario, si riproduce il trauma della nascita. Il nucleo simbolico dell'angoscia originaria è l'immagine della sfinge; figura metà animale e metà essere umano, rappresenta contemporaneamente l'angoscia e la madre strangolatrice, ovvero l'atto della nascita. La sfinge, per Rank, ispira gia nell'aspetto l'angoscia: l'atto della nascita e la tendenza che lo contrasta. La parte superiore, umana, del corpo, emerge da quella inferiore, animale-materna, senza possibilità di una separazione. Questo è, per Rank, l'enigma della sfinge.
Rank definisce poi il mito come una forma di creazione umana del mondo che si forgia sul modello della propria creazione, ovvero come estensione antropomorfica dell'idea che l'uomo ha della propria creazione.
E l'analisi di Rank si spinge, dopo il sogno e la patologia, ad esplorare quello che definisce l'adattamento simbolico: le produzioni umane sono tutte, senza eccezioni, un progressivo ampliamento della situazione originaria nonché una sua formazione sostitutiva. L'adattamento culturale (espresso dall'equazione madre-materia) comporta uno spostamento della libido, con un graduale allontanamento della madre-materia originaria, e coincide con la posizione eretta dell'uomo, passo decisivo verso l'umanizzazione. I simboli rappresentano, contemporaneamente, il tèntativo di mantenere un legame con la perduta realtà originaria, e quello di allontanare il ricordo del trauma ad essa realtà legato. L'uomo quindi struttura la realtà che lo circonda sul calco fornitogli dal proprio inconscio. In sintesi, l'agire umano sarebbe un tentativo di riprodurre la situazione originaria, in un continuo compromesso tra la tendenza al ritorno alla madre e la necessità di separarsene. La natura è vissuta dall'uomo come una sostituzione della madre; qualora tali formazioni sostitutive si rivelino insufficienti, la produzione materiale dell'uomo così come l'elaborazione culturale tentano di supplire questa carenza. La produzione culturale, dunque, non è solo una forma di adattamento dell'uomo alla realtà, ma anche una forma di adattamento della realtà all'inconscio: e questi, l'inconscio, è la nascita.
In sintesi quindi Rank evidenzia l'importanza fondamentale del trauma della nascita, la rimozione e la ricomparsa di questa nel sogno, nel sintomo nevrotico, ma anche nell' adattamento simbolico e nella produzione artistica. Tutte le creazioni sociali dell'uomo scaturiscono come reazione specifica al trauma della nascita e come tentativo di. elaborazione di questo. La scoperta dell'importanza del trauma della nascita consente a Rank di ritenere di aver individuato il punto di partenza psico-fisiologico del trattamento analitico, e di aver chiarito il problema della conversione. Quindi, con la nozione di trauma della nascita e del precedente stato fetale, Rank ritiene di aver reso accessibile il terreno di frontiera della psicoanalisi, quello del rapporto mente-corpo.
La cosmogonia di Rank è. intrisa di tristezza, e di una struggente, ansiosa nostalgia del perduto paradiso terrestre. E' in questi termini infatti che Rank vive la condizione prenatale: l'Eden. Coerentemente, la nascita rappresenta per lui la cacciata da questo paradiso; al mito del paradiso terrestre Rank fa, tra l'altro, specifico riferimento. La religiosità implicita in questo modo di vedere riporta all'essenza della religione stessa, intesa come creazione di un essere originario, soccorrevole e protettivo, nel cui seno si può trovare rifugio nei momenti di bisogno e pena, e presso il quale si fa ritorno in quella vita ultraterrena che altro non è se non un'immagine sublimata del paradiso terrestre. Rank sostiene, in pratica, che all'atto della nascita il bambino subisce una deprivazione totale, con il mancato soddisfacimento di bisogni precedentemente soddisfatti. Per Rank sembra essere la stessa fisiologia del processo che, implicando la rottura della prenatale unità verso la dualità, struttura quello che definisce un proto-trauma, evento determinante in tutte le successive reazioni d'angoscia, interpretabili così come ripetizioni del proto-trauma.
Ora, è evidente che Rank sembra considerare come naturale una sorta di staticità nella condizione di vita prenatale: ciò che è implicitamente inevitabile, ovvero l'evento fisiologico del parto, è considerato da Rank come un turbamento, una rottura che sembra assumere i caratteri
dell'accidentalità. Sembra cioé che la condizione duale sia quella fisiologica, e la nascita, di per sé stessa, conseguenza di un'alterazione di tale equilibrio.
E' superfluo sottolineare come tale concezione parta da un vizio di fondo, che inficia tutta la successiva evoluzione del pensiero di Rank.
E' Platone, con il mito dell'androgino, evidentemente, ad imprimere questa direzione in Rank:
" Ciò che Platone intende per Eros è l'intensa nostalgia per uno stato perduto, meglio: per un'unità perduta, e per spiegare la natura dell'istinto sessuale ricorre alla famosa metafora di un essere primitivo diviso in due metà, di cui una anelerebbe a ricongiungersi con l'altra". (1924).
All'androginia fa infatti riferimento Platone per indicare la condizione originaria dell'uomo, prima ancora che gli dei infliggano a questi il dramma della separazione: dopo, una parte dell'uomo, che Platone definisce symbolon, cerca, attraverso l'amore, l'altra parte di sé.
Oggi la teoria di Rank, nonostante questi abbia influito su generazioni di psicoanalisti, non è più ritenuta valida: nel senso che di "trauma della nascita" si parla solo in relazione ad eventuali lesioni, fisiche o psichiche, che possano determinarsi al momento della nascita per effetto di un parto distocìco. Se il parto è normale, invece, di trauma della nascita non è possibile parlare.
Il mito platonico dell'androgino come recupero della originaria unità fusionale onnipotente del bambino nell'utero materno, pre-esistente all'esperienza della nascita, è ripreso da Fornari (1983) che considera la nascita, come Rank, esperienza mutilatrice. L'ipotetica mutilazione del sé conseguenza della nascita attiverebbe, per Fornari, il fantasma del desiderio di rientrare nel corpo materno come atto riparatorio alla catastrofe ontogenetíca della nascita. Fornari ha sostenuto, in pratica, una ipotesi analoga a quella di Rank: ha solamente definito, alla base del vissuto intrauterino, il "coindma originario" (ovvero un 'a priori', innato" nel bambino) il quale, attivandosi al momento della nascita, attirerebbe successivamente a sé, finalizzandola al recupero della situazione intrauterina, la totalità della successiva attivita psichica umana.
Eugenio Gaddini (1984) riferisce di come non venga più accettata la teoria della nascita come trauma, almeno come definita da Rank: l'idea che Gaddini propone della nascita è quella non del trauma ma del "dramma" fisiologico, dramma corrispondente al radicale mutamento delle precedenti modalità funzionali: dramma in quanto sconvolgimento del funzionamento precedente. La nascita, comportando la perdita del confine naturale e del limite del sé, promuoverebbe la differenziazione della funzione mentale simbolica, il cui fine è quello di favorire l'apprendimento del nuovo e la consapevolezza del cambiamento, quindi, in altre parole, l'acquísizione di significati psichici legati alla percezione del mondo esterno.
Gaddini ha anche affrontato il problema di come, a partire dal corpo, si strutturi la funzione mentale e della differenziazione tra nascita biologica e nascita psicologica; si è inoltre interessato dell'attività mentale primitiva e del primo formarsi della mente. Per questo Autore la vita e l'esistenza prenatale non richiedono, da parte del feto, alcun funzionamento mentale poiché tutto è gia organizzato e preordinato: alla base del comportamento fetale e del suo esperire senso-motorio esiste solo una predeterminazione genetica, che consente lo strutturarsi di una sorta di "memoria biologica" a sua volte responsabile della base dello apprendimento mentale evidenziabile alla nascita. Dopo la nascita, il bambino si trova in uno stato di "bisogno", una condizione di vulnerabilità che comporta la necessità di un adeguato accoglimento fornita dalla funzione materna. Il bambino secondo Gaddini perde, annaspando nell'aria, il confine naturale di sé poiché come tale concepisce il confine naturale dell'ambiente in cui si trovava. E' questa la prima mentalizzazione. La nascita rappresenta il momento in cui si può cominciare a pensare su quello che manca, piuttosto che su quello che c'era; la mente entra cioé in funzione non appena qualcosa di importante muta. Nella fase successiva la nascita si riproduce, nel rapporto con la madre, la vita fetale ma, adesso, con caratteristiche mentali. La madre funziona da contenitore, come l'utero in precedenza. Per Gaddini subito dopo la nascita non vi è, ancora, la possibilità di una percezione poiché è carente il senso del tempo, del sé separato e dello spazio esterno: per questo Autore la primitiva percezione è imitativa, nel senso che l'organismo reagisce agli stimoli esterni con modificazioni biologiche interne produttrici di sensazioni, ed a questo modello di funzionamento Gaddini da nome 'imitare per percepire'. Il corrispondente modello mentale, quello di 'imitare per essere' è caratterizzato dal fatto che .le modificazioni e le sensazioni corporee divengono, magicamente, esperienza di sé prodotta da sé, ed il cui significato è quello di sopperire autonomamente ai bisogni dell'organismo poiché non esiste ancora nel bambino la capacità di distinguere gli oggetti. L'imitare per essere per Gaddini crea la mente vera e propria. L'imitare per percepire è per Gaddini la base biologica, corporea, dell'imitare per essere che è a sua volta la base mentale sulla quale si struttura il funzionamento psichico. Gaddini ha dunque ripreso da Rank il problema della funzione mentale primitiva ed ha elaborato, dal primitivo trauma rankiano, il concetto di nascita come 'dramma'.
Vi sono, nonostante appunto la teoria di Rank sia ormai dimenticata ai più, numerose altre notazioni da fare in merito al trauma, che come gia sappiamo, è concetto antico quanto la stessa psicoanalisi.
Greenacre (1945) attribuisce al trauma stesso la funzione di organizzare e trasformare il narcisismo fetale, producendo o favorendo una tendenza narcisistica propulsiva, accelerante e stimolante il cervello ad organizzare il modello di angoscia.
Corrao (1984), sempre a proposito della nascita ed in sintonia con Greenacre, afferma che la violenza di un urto psichico con il mondo esterno può essere trasformata nell'efficacia teleonomica di un'organizzazione nuova. Oltre che di regressione quindi Corrao parla anche di una progressione traumatica che può valere per la possibilità di una teoria traumatica della conoscenza. In sintesi, quindi, il trauma inteso come evento in grado di favorire un cambiamento non necessariamente regressivo, ovvero non necessariamente permeato di istinto di morte, il trauma come organizzatore della vita psichica.
Anche Winnicott (1949) ha parlato di trauma della nascita, sebbene in termini diversi rispetto a Rank, ed in una accezione più vasta; anzitutto postulando l'idea di una nascita normale in cui il trauma è minimo.
Il bambino infatti all'interno del suo spazio vitale diventa "pronto, con il passare del tempo, a compiere il movimento per scoprire il mondo e il bambino che ha trovato il mondo in questo modo, diventa, con il tempo, pronto ad accogliere bene le sorprese che il mondo gli riserva". (1949)
Winnicott tende a ridimensionare il ruolo strettamente legato, nella genesi dell'angoscia, al solo fattore nascita, sottolineando anche l'importanza di altri fattori, quali l'esperienza intrauterina e la disponibilità della madre. Trova comunque conferma che l'esperienza della nascita è spesso significativa, anche se non necessariamente in senso traumatico, e che il suo ricordo costituisce sempre materiale analitico.
Winnicott introduce il concetto di "esperienza della nascita" oltre a quello di "trauma" della nascita.
"E' possibile che l'esperienza della nascita sia così dolce e piana da essere relativamente poco importante; al contrario, l'esperienza della nascita anormale oltre un certo limite si trasforma in un trauma e diventa di conseguenza estremamente importante." (1949)
Distingue quindi tre esperienze diverse legate alla nascita: una nascita normale e sana, valida e di limitata importanza (in senso traumatico); nascita moderatamente traumatica mescolata ad altri fattori ambientali più o meno traumatici che il trauma possono rinforzare; nascita come esperienza francamente traumatica. La tesi sostenuta da Winnicott è che le esperienze della nascita normale "siano buone e possano favorire la forza e la stabilità dell'lo".
Ipotizza uno "stato mentale" del nascituro ed uno sviluppo dell'Io del bambino così come pure uno sviluppo emozionale legato alle modificazioni ambientali della condizione intrauterina. Introduce quindi il concetto che stimoli intrauterini possono divenire dannosi già nella vita fetale se eccessivi, in quanto suscettibili di produrre reazioni che a loro volta possono produrre perdite di identità. Ipotizza che il nascituro venga progressivamente coinvolto nel rapporto con l'ambiente, man mano che la nascita si avvicina. Quindi considera, in pratica, l'esperienza della nascita come un qualcosa di ingrandito che è peraltro gin noto al bambino. La nascita quindi non si pone per Winnicott come una interferenza ad un procedere naturale e consequenziale, così potente da interrompere la continuità dello sviluppo personale del bambino. Il periodo del travaglio di parto esaspera l'intensità. del cambiamento, e si pone come fattore psicologicamente traumatico solo nella misura in cui la nascita abbandona una progressione naturale.
II problema quindi che affronta Winnicott è quello della continuità dell'essere: i traumi si pongono come 'interruzioni' di essa continuita; com'è evidente, una posizione antitetica rispetto a quella espressa da Greenacre.
A Rank si deve riconosce il merito di aver contribuito ad indirizzare lo sviluppo del pensiero psicoanalitico a ritroso, verso fasi sempre più precoci dell'esistenza umana e sino, appunto, al momento della nascita. Esistono, nella teoria di Rank, degli elementi che riteniamo importante sottolineare; il fatto, ad esempio, che Rank si opponga al punto di vista filogenetico, secondo il quale esisterebbe un patrimonio psichico innato, è di estrema utilità poiché rappresenta lo stimolo a ripercorrere lo sviluppo infantile sino allo stato prenatale.
Il secondo punto è il riferimento all'originaria unità psicofisica dell'uomo: Rank individua nell'atto del nascere il terreno di frontiera della psicoanalisi, l'essenza del rapporto mente - corpo, il substrato dello psiche - soma. Questo problema, a sua volta, conduce all'intuizione, da parte di Rank, che il primo atto psichico avviene alla nascita. Il problema è che Rank ritiene esso atto psíchico quello dell'angoscia, che sostiene essere il primo-contenuto della percezione. Addirittura, nella concezione di Rank l'angoscia assume anche un significato teleonomico, poiché spegne il ricordo della condizione precedente impedendo l'innata (per quanto solo in senso ontogenetico) tendenza regressiva dell'uomo che, diversamente, non sopporterebbe il vivere. Ovvero: vi sarebbe una naturale tendenza a ripristinare lo stato precedente; questa tendenza è limitata dalla condizione di angoscia intensa che accompagna la nascita e che comporterebbe, per Rank, una sorta di amnesia della precedente condizione di vita. Ciò è in perfetta sintonia con il concetto che vede la nascita esclusivamente come perdita e la nuova situazione come deprivazione.
Ciò di cui, in realta, Rank parla, altro non è se non l'istinto di morte: la tendenza ipotizzata da Rank al ritorno nel grembo materno è espressione istinto di morte.
"...ciò che da un punto di vista biologico ci appare come 'istinto di morte' non può tendere ad altro che a ricostituire lo stato di cui si è fatta esperienza prima della nascita".(1924)
Diversamente quindi da quanto ipotizzato da Freud in merito alle fasi dello sviluppo psichico, Rank ha per primo prestato attenzione a fasi estremamente precoci dello sviluppo: la tradizione inaugurata da Rank è stata, ed è tuttora, quanto mai ricca di contenuti e di ricerche. Si può ragionevolmente sostenere infatti che la totalità della tradizione psicoanalitica odierna incentrata sull'osservazione del neonato e sulle interazioni madre-bambino affondi le proprie radici nell'opera di Rank.
BIBLIOGRAFIA
Corrao F., Il trauma come evento organizzatore, in: (A cura di AA. VV.), Il trauma della nascita la nascita del trauma, Atti del convegno, IES Mercury, Roma, 1984
Fornari F., La lezione freudiana (Per una nuova psicoanalisi), Feltrinelli, Milano, 1983 Gaddini E., (1953-1985), Scritti, Milano, Cortina, 1989)
Gaddini E., Trauma della nascita e memoria della nascita, in: (A cura di AA. VV.) Il trauma della nascita la nascita del trauma, Atti del congresso, IES Mercury, Roma, 1984
Greenacre P., (1945), L'economia biologica della
nascita, in: Greenacre P., Trauma crescita personalità, Raffaello
Cortina, Milano, 1986
Rank O., (1924), Il trauma della nascita (Sua importanza per la psicoanalisi), SugarCo, Milano, 1993
Winnicott D.W., (1949), Ricordi della nascita, trauma della nascita e angoscia, in: Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1985
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