Rassegna studi psichiatrici, LXXXIII, 4, 1994, Siena
Il termine pulsione è utilizzato da F r e u d per indicare un fattore diverso e diversificabile dall'istinto: quest'ultimo è un comportamento animale fissato dalle leggi dell'ereditarietà, caratteristico della specie e preformato. La pulsione invece è una costituente psichica in grado di produrre uno stato di eccitazione che spinge l'organismo all'attività. La pulsione si differenzia dallo stimolo per il fatto di trarre origine da fonti di stimolazione interne al corpo, da cui l'individuo non si può sottrarre. Il concetto di pulsione è al limite tra psichico e somatico. Per comprendere appieno l'importanza del concetto di pulsione è opportuno accennare alla teoria freudiana dello sviluppo sessuale, ed al concetto di "narcisismo" a questa collegato.
Nel 1905 Freud pubblica i "Tre saggi sulla teoria
sessuale" (1905): nel secondo di questi affronta il problema della
sessualità infantile. Freud afferma che bocca e stadio orale sono il
primo sviluppo della sessualità infantile la quale si sviluppa sulla
fisiologia, è autoeorica e non conosce oggetti. Le fasi dello sviluppo
della sessualità infantile vengono espresse come segue: vi sarebbe
dapprima una fase di autoerotismo, durante il quale ogni parte del
corpo può essere considerata erogena ma la cui sede abituale è la
bocca, la cui mucosa esprime la sessualità e la soddisfazione di questa
nell'attività della suzione (fase orale). A questa segue la fase
anale, durante la quale il trattenere le feci rappresenta la massima
fonte di soddisfazione. Segue infine la fase genitale che può essere
evidenziata dalla masturbazione. Il bambino per Freud durante queste
fasi è un "polimorfo perverso", ovvero in lui sono presenti, almeno
potenzialmente, tutte le perversioni. Sarà solo alla pubertà che il
bambino potrà passare dalla condizione di auto-erotismo a quella di
amore oggettuale, dalle pulsioni parziali alla loro integrazione; il
proprio corpo ed il seno della madre sono il primo, indifferenziato,
oggetto d'amore: dopo lo svezzamento la sessualità regredisce allo
stato autoerotico, e solo successivamente sarà, di nuovo, rivolta ad
oggetti esterni.
Nei "Tre saggi" viene espressa la teoria della
"libido", termine che era già in uso, così come quelli di
auto-erostimo e zona erogena. Il modello della libido, o "pulsione
sessuale", era già stato tracciato da P 1 a t o n e, con il quale Freud
condivide anche l'idea dell'originaria bisessualità degli esseri umani
(il mito platonico dell'androgino). Anche che la pulsione sessuale
fosse, originariamente, rivolta verso il proprio corpo anziché su
oggetti esterni era un'idea già espressa da Ellis, che aveva già
parlato sia dell'autoerotismo che del narcisismo.
È comunque Freud che pone la costruzione teorica in una sistematizzazione coerente. Freud costruisce dunque la sua teoria sullo sviluppo sessuale che definisce la sessualità infantile come "polimorfa perversa". Quest'idea nacque in Freud in considerazione del fatto che egli riteneva la configurazione della sessualità adulta normale non come una necessità naturale ma come fenomeno culturale. Freud riteneva che il bambino fosse, per natura, orientato in senso narcisistico, ovvero sul proprio corpo, con una grande capacità di godimento fisico che solo successivamente veniva concentrata su di un organo particolare (i genitali) e subordinandola ad una meta (la funzione genitale, ovvero la procreazione) che è imposta non dal principio di piacere ma da quello di realtà. Dunque il lungo periodo dell'infanzia umana, con l'intensità delle cure materne che lo accompagnano e con il lungo prolungamento di queste, comporta l'intensa fioritura della sessualità infantile che deve però ridimensionarsi quando viene a contatto con il principio di realtà, frutto dell'educazione e della cultura. È opportuno altresì soffermarsi sul concetto di narcisismo primario poiché è particolarmente importante ai fini della comprensione della concezione di.Freud in merito ad oggetti e pulsioni. Il termine narcisismo appare per la prima volta, in Freud, nel 1909, per spiegare la scelta oggettuale degli omosessuali.
Il termine è ripreso da Havelock Ellis (1897) che
lo aveva usato (Narcissus-like) per indicare un atteggiamento
psicologico, l'amore verso l'immagine di se stessi, con un preciso
riferimento al mito di Narciso. Nel 1914 Freud introduce il termine in
uno scritto apposito. Freud infatti aveva presupposto l'esistenza di
una fase dell'evoluzione sessuale, quella appunto del narcisismo,
intermedia tra quella dell'autoerotismo e quella dell'amore
oggettuale. Quello che Freud definisce narcisismo primario
è uno stadio evolutivo precoce durante il quale il bambino investe
tutta la sua libido su se stesso: l'io, in questo caso, è posto alla
stregua di un oggetto esterno. Credo si possa esprimere nella maniera
migliore ciò che Freud con precisione intende per narcisismo primario
citando le parole stesse di Freud: "... Ci formiamo... il concetto di
un investimento libidico originario dell'Io di cui una parte è ceduta
in seguito agli oggetti, ma che in sostanza persiste ed ha con gli
investimenti d'oggetto la stessa relazione che il corpo di un
organismo ameboidale ha con gli pseudopodi che emette" (1914). Il
narcisismo secondario designerebbe invece un ripiegamento sull'io
della libido, sottratta ai suoi investimenti oggettuali. Anche il
termine auto erotismo è ripreso da H. Ellis: Freud nei "Tre saggi sulla
teoria sessuale" utilizza il termine per descrivere la sessualità
infantile in uno stadio talmente precoce da essere addirittura
antecedente alla fase del narcisismo primario: le pulsioni sessuali,
in questa fase, si soddisfano ciascuna per proprio conto, ciascuna
attraverso componenti parziali. In seguito Freud abbandonerà, in
pratica, la distinzione tra auto-erotismo e narcisismo, facendo
coincidere tali fasi nell'evoluzione della sessualità. Comunque, in
genere, Freud designa come narcisismo primario quella fase nella quale
il bambino assume se stesso come oggetto d'amore, prima di scegliere
oggetti esterni. Il periodo durante il quale questa fase si sviluppa
sarebbe il primo stadio della vita, antecedente alla costituzione
dell'io, ed il cui archetipo è quello della vita intrauterina.
Il concetto di narcisismo pone Freud, che lo ha introdotto, in difficoltà e determina una radicale trasformazione della originaria teoria pulsionale, che contemplava la contrapposizione tra principio di piacere e di realtà, verso la formulazione definitiva di questa, che vede la contrapposizione tra istinti di vita (eros) e di morte (thanatos), espressa in "Al di là del principio di piacere" (1920): si può riconoscere questa difficoltà nel fatto che è necessario spiegare come mai l'istinto sessuale possa trovare (o addirittura perché debba ricercare) il piacere fisico in una forma appropriata di unione con la realtà esterna, con l'altro: anche Freud si accorge che l'essere umano non ama solo se stesso, come riteneva, ma anche la madre che si prende cura di lui; Freud non riusciva cioè a spiegarsi, l'attaccamento della libido agli oggetti: "... possiamo addirittura porci il problema di dove sorga la necessità per la nostra vita psichica di andare oltre le frontiere del narcisismo e di applicare la libido agli oggetti; Attenendoci al nostro orientamento di pensiero dovremmo rispondere ancora una volta che tale necessità interviene quando l'investimento dell'io ha oltrepassato una certa misura." (1914). È quindi come qualcosa che trabocca, che non può ulteriormente essere trattenuto. Nell'impostazione concettuale di Freud il principio di realtà comincia dunque a non essere più così distinto dal principio di piacere: il principio di piacere, per esprimersi, necessita della presenza di un oggetto esterno. Freud ritenne tuttavia di essere posto in difficoltà dal concetto di narcisismo poiché se la libido narcisistica è rivolta verso il soggetto, allora non è possibile distinguerla dall'istinto di auto conservazione. Narcisismo, pulsioni ed oggetti sono dunque concetti strettamente correlati.
Il termine "oggetto" ha, nella psicoanalisi freudiana, almeno due diversi significati. Il primo è quello correlato alla pulsione: l'oggetto è ciò in cui e con cui la pulsione tende a raggiungere la soddisfazione. Analizzando il concetto di pulsione, Freud distinse oggetto e meta: l'oggetto, in questo senso, è il mezzo contingente di soddisfacimento: "... è l'elemento più variabile della pulsione, non è originariamente collegato ad essa, ma le è assegnato soltanto in forza della sua proprietà di rendere possibile il soddisfacimento". (1915). Una siffatta definizione delle pulsioni e degli oggetti comporta, fondamentalmente e costantemente nell'opera di Freud, il carattere contingente ed "accessorio" degli oggetti: la libido, in altri termini, per Freud è alla ricerca del piacere, è in origine completamente orientata verso il soddisfacimento e verso la risoluzione delle tensioni. L'oggetto esiste come mezzo di de-tensione pulsionale. Il secondo significato del termine "oggetto" indica un qualcosa che prescinde dalla pulsione, ammesso che questa possa essere considerata in maniera indipendente rispetto agli oggetti: e designa ciò che per il soggetto è oggetto di attrazione e di amore. Ma questa seconda concezione, in Freud, è particolarmente sfumata, ed interessa fasi più tardive dello sviluppo: solo alla pubertà, infatti, interviene per Freud la scelta oggettuale. Nel bambino infatti le pulsioni vengono considerate parziali, ed i concetti di "auto-erotismo" e "narcisismo" indicano ambedue l'assenza di un orientamento oggettuale vero, rivolto verso l'atro. L'idea di pulsioni parziali introduce dunque un ulteriore aspetto del problema: spinge cioè a distinguere un oggetto propriamente pulsionale ed un oggetto d'amore vero e proprio: il primo è quello capace di procurare il soddisfacimento della pulsione in causa; il secondo è quello che soggiace alla dualità degli istinti e delle pulsioni di vita e di morte. Se l'oggetto parziale può essere considerato uno dei poli insuperabili della pulsione sessuale, d'altra parte la psicoanalisi freudiana pone anche l'oggetto totale inserito in una prospettiva narcisistica, ovvero come replica dell'io. Sappiamo infatti che l'io, nel narcisismo, è definito esso stesso come oggetto d'amore, e può, nella concezione di Freud, essere addirittura considerato prototipo di ogni ulteriore oggetto d'amore.
Quella che à stata definita teoria delle pulsioni contiene alcune tra le intuizioni più importanti di Freud, così come alcuni dei maggiori difetti teorici. È ciò che ha spinto molti ad un tentativo di abbandono della teoria stessa delle pulsioni, la quale, tuttavia, ha un enorme significato nella costruzione psicoanalitica intera.
La teoria delle pulsioni, così come formulata da
Freud, può cogliersi nella sua interezza, e nelle sue conseguenze,
nella teoria che venne successivamente formulata da Melanie Klein
(1921-1958). Vi sono, in questa, delle differenze rispetto alla
psicoanalisi freudiana, ma sono più apparenti che reali: la teoria
delle pulsioni è infatti sostituita, almeno nei termini, dalla teoria
dell'oggetto e quindi lo sviluppo emozionale sembra caratterizzato dalle
relazioni oggettuali più che dallo sviluppo pulsionale. Inoltre la
Klein parla di fantasie più che di rimozioni e definisce compito della
psicoanalisi l'interpretazione di esse fantasie più che quella delle
difese contro le pulsioni inconsce. I termini di "relazione
oggettuale" e di "fantasia" sembrerebbero indicare una strutturazione
teorica sensibilmente diversa rispetto a quella freudiana: tuttavia,
per Klein, la dualità delle pulsioni di vita e di morte è operante sin
dalle primissime fasi della vita e si esprime sull'oggetto "seno",
il primo oggetto del bambino, che viene ad essere scisso in seno buono
(quello che nutre) e seno cattivo (quello che si ritira o si rifiuta).
Analoga sorte subiscono tutti gli oggetti, sia quelli parziali che
quelli totali, in un vero e proprio circolo vizioso in virtù del quale
il bambino proietta il suo amore sull'oggetto buono e la sua
aggressività su quello cattivo ed introietta l'amore dell'oggetto
buono e la persecutorietà di quello cattivo. Lo sviluppo dell'io è un
processo di continue introiezioni e proiezioni. Klein, al posto delle
fasi dello sviluppo di Freud, introduce il termine di posizione: nei
primi quattro mesi di vita il bambino attraversa, per Klein
fisiologicamente, la posizione schizoparanoidea
ovvero una fase di sviluppo durante la quale dominano i meccanismi di
scissione dell'oggetto (schizo) ed il carattere persecutorio
(paranoideo) di esso oggetto; tale prima fase viene "superata" da
quella che Klein definisce "posizione depressiva" che
si costituisce appunto al quarto mese di vita e che è caratterizzata
da una attenuazione della scissione poiché il bambino scoprirebbe che
seno buono e seno cattivo sono nient'altro che il medesimo seno: la
madre cioè comincia ad essere percepita non come oggetto parziale ma
come oggetto totale, con l'unica differenza però che l'angoscia,
anziché persecutoria, diviene depressiva (per il pericolo che il bambino
avvertirebbe di poter distruggere la madre nella sua totalità a causa
del proprio sadismo). Anche la posizione successiva, che Klein
definisce riparatoria, consisterebbe nel ripristino dell'integrità
dell'oggetto-madre che avviene attraverso difese maniacali, oppure
attraverso una realizzazione onnipotente, o ancora attraverso
meccanismi ossessivi o, nella migliore delle ipotesi, attraverso il
processo di sublimazione: meccanismi tutti, comunque, dettati da un
originario ed irrisolvibile senso di colpa.
La madrina del battesimo del neonato kleiniano è
dunque la pulsione di morte freudiana, la cui intollerabile malvagità
può essere sostenuta solo attraverso la scissione dell'oggetto in seno
buono e seno cattivo. Il successivo adulto, sviluppatosi da siffatta
teoria, vivrà un'esistenza tragica, nel continuo ed altrettanto inutile
tentativo di riparazione dei danni immaginari prodotti dall'odio e
dall'invidia, tentativo comunque destinato al più totale insuccesso.
Tutto nasce, ancora una volta, dall'innato istinto di morte; tutto si
svolge attraverso il meccanismo della proiezione di esso istinto su
ipotetici oggetti i quali sembrano non avere, di per sé, alcuna
capacità o coloritura affettiva. L'io, di fronte all'istinto di morte,
lo deflette proiettandolo sul seno.
Si deve quindi considerare che Klein ignora totalmente il concetto di desiderio e, tanto meno, la possibilità di soddisfazione di esso. Ovvero: parlare in termini coerenti di rapporto oggettuale significa considerare l'esistenza di due soggetti diversi, in rapporto tra loro; ciascuno dei due con proprie caratteristiche umane che non possono essere intese esclusivamente nei termini di presenza-assenza (fisica): il seno non è necessariamente buono solo in virtù del fatto di essere presente, così come non può essere considerato cattivo perché assente.
G a d d i n i (1984) ha sottolineato la possibilità
dell'assenza della madre ma anche che una madre fisicamente presente
(che definisce biologica) non sia in grado di essere anche madre
psicologica; analogamente, l'assenza fisica può essere presenza
psichica (immagine interiore), e ciò accade se il seno che nutre ha
soddisfatto il desiderio del bambino. G l o v e r (1945) ha criticato
duramente il sistema concettuale della Klein: "... Invece che il trauma
della nascita di Rank ci viene offerto il "trauma d'amore" del terzo
mese (cioè il trauma della posizione depressiva) che influenza lo
sviluppo successivo, come Rank pensava per il trauma della nascita... A
mio parere il concetto del trauma d'amore del bambino di tre mesi,
dovuto alla immaginaria distruzione ingorda di una madre che il
bambino realmente ama, è una variante delle dottrina del peccato
originale". L i c h t e n b e r g (1984) ha sottolineato come non vi
sia pressoché alcun riscontro della fantasia kleiniana di distruzione
proiettata sul seno ed introiettata attraverso il latte avvelenato, così
come non vi è alcuna evidenza di invidie primarie.
Si può cogliere, nella Klein, una contrapposizione, che però solo successivamente sarà realmente sviluppata da altri autori, tra teorie pulsionali e teorie oggettuali: come però abbiamo già detto, a noi pare che questa contrapposizione non sia così reale. Sebbene infatti la Klein rifiuti il concetto di narcisismo primario, in realtà le relazioni oggettuali del neonato sono dominate da quello che Freud aveva definito sadismo originario (che al narcisismo primario è intimamente collegato), come espressione mentale dell'istinto di morte. Una contrapposizione quindi tra pulsioni e relazioni oggettuali più apparente che reale.
La concezione freudiana delle pulsioni e degli
oggetti ha sollevato obiezioni che possono essere riassunte
utilizzando la distinzione proposta da F a i r b a i n: la libido è
alla ricerca del piacere oppure, primariamente, dell'oggetto in quanto
tale? Il termine "relazione oggettuale" compare
raramente in Freud, e certamente il relativo concetto non appartiene
alla sua metapsicologia. A partire dagli anni '30 tuttavia tale
concetto ha assunto una sempre maggiore importanza; per Balint, ad
esempio, tutti i termini della psicoanalisi, ad eccezione appunto del
termini "oggetto" e "relazione oggettuale", si riferiscono
all'individuo da solo (per usare l'espressione introdotta da R i c k m
a n ad una "one-body psychology").
Analogamente, S p i t z ha notato come Freud abbia affrontato il problema dell'oggetto libidico dal solo punto di vista del soggetto.
Analogamente, S p i t z ha notato come Freud abbia affrontato il problema dell'oggetto libidico dal solo punto di vista del soggetto.
La maggiore attenzione posta al concetto di "relazione oggettuale" nel senso di Fairbain comporta un cambiamento radicale di prospettiva sia in campo teorico che clinico. Il cambiamento riguarda diversi aspetti: nella concezione di Freud, l'oggetto non è caratterizzato da altra condizione se non quella di procurare il soddisfacimento. Inoltre, solo un preciso oggetto, per ogni individuo, od un suo sostituto, può procurare tale soddisfacimento: Freud infatti sostiene che la scoperta di un oggetto è sempre una riscoperta. Nelle concezioni successive a Freud viene ridimensionata l'importanza delle pulsioni e l'attenzione viene posta maggiormente sulle qualità dell'oggetto. I concetti di fonte pulsionale e meta (ovvero soddisfacimento) perdono importanza, mentre ne acquista il concetto di relazione. La libido dunque ricerca in primis la relazione, e non semplicemente la soddisfazione come de-tensione pulsionale. Inoltre, risulta modificato anche lo "status" dell'oggetto, nel senso di una mancanza di unicità individuale: la relazione oggettuale si presenta infine come un concetto "olistico" e differenziatore nello sviluppo della personalità.
La teoria pulsionale di Freud, la preminenza del soddisfacimento pulsionale ed il concetto di "narcisismo primario" sono stati profondamente modificati dalla successiva ricerca psicoanalitica; il contributo della psicologia dell'io, formulata da H a r t m a n n, è inerente l'affermazione che determinate funzioni dell'io si sviluppano in maniera autonoma rispetto al soddisfacimento pulsionale, ed è evidente che tali formulazioni si sono sviluppate in conseguenza di inadeguatezze implicite nella teoria pulsionale freudiana di cui possono essere considerate tentativi di correzione. La psicologia dell'io cioè propone una alternativa all'ipotesi freudiana che il pensiero si sviluppi poiché il tentativo di "allucinazione del seno" (1899) fallisce, implicitamente affermando che qualora l'allucinare il seno riuscisse, il pensiero e l'io non potrebbero svilupparsi; inoltre le formulazioni di Hartmann si pongono come tentativo di correzione delle incompatibilità esistenti tra la specifica teoria freudiana e la realtà dei processi maturativi e come tentativo quindi di conciliazione tra la teoria psicoanalitica e la realtà biologica e fisiologica che la teoria pulsionale freudiana contraddiceva.
La teoria delle relazioni oggettuali, nata allo scopo di affermare l'autonomia delle relazioni d'oggetto rispetto alle pulsioni, si è spinta sino al rifiuto pressoché totale della teoria pulsionale stessa. Se la psicologia dell'io tendeva a mantenere intatta la validità della teoria delle pulsioni, la teoria delle relazioni oggettuali sostituiva il primato pulsionale con la tendenza alla ricerca dell'oggetto.
È, almeno inizialmente, nella tradizione del pensiero kleiniano che si pone il pensiero di Fairbain
(1952) il quale sostituisce in maniera pressoché totale il concetto
freudiano di pulsione con quello di "relazione oggettuale", sostenendo
che l'indagine psicopatologica deve essere indirizzata allo studio,
anziché delle pulsioni, degli oggetti verso i quali esse pulsioni sono
dirette. Fairbain sostenne che "la libido ricerca l'oggetto e non il piacere",
affermando contemporaneamente che le relazioni oggettuali sono
primarie ed autonome e non semplicemente conseguenza secondaria del
soddisfacimento, con ciò contraddicendo l'idea freudiana secondo la
quale l'oggetto altro non sarebbe se non il mezzo, lo strumento,
attraverso cui la pulsione realizza il proprio scopo.
Gli assunti della teoria di Fairbain possono essere considerati i seguenti:
1) Vi sarebbe una progressiva evoluzione da uno stato di relativa mancanza di differenziazione tra sé ed oggettti verso una condizione di crescente differenziazione.
2) Caratteristica di tale evoluzione sarebbe il senso crescente della propria separatezza.
3) Vi sarebbe una progressiva acquisizione di capacità relazionali sempre più valide basate sul senso di separatezza.
4) Il tempo di tale evoluzione sarebbe quello della vita precoce, il luogo quello della relazione madre-bambino.
5) La psicopatologia si configurerebbe come conseguenza di alterazioni del rapporto tra madre e bambino e quindi di difficoltà nello svolgersi dello sviluppo preedipico piuttosto che edipico.
1) Vi sarebbe una progressiva evoluzione da uno stato di relativa mancanza di differenziazione tra sé ed oggettti verso una condizione di crescente differenziazione.
2) Caratteristica di tale evoluzione sarebbe il senso crescente della propria separatezza.
3) Vi sarebbe una progressiva acquisizione di capacità relazionali sempre più valide basate sul senso di separatezza.
4) Il tempo di tale evoluzione sarebbe quello della vita precoce, il luogo quello della relazione madre-bambino.
5) La psicopatologia si configurerebbe come conseguenza di alterazioni del rapporto tra madre e bambino e quindi di difficoltà nello svolgersi dello sviluppo preedipico piuttosto che edipico.
D'altra parte Balint (1937) già aveva sostenuto che esistono precocemente relazioni oggettuali, ad esempio nel lattante, quindi un "amore oggettuale primario" sarebbe in pratica inconciliabile con la nozione di narcisismo primario: separatezza e rapporto intersoggettivo sono i risultati comuni dell'attuale ricerca psicoanalitica incentrata sull'osservazione del neonato.
T r e v a r t h e n (1977) ha parlato, a proposito
della interazione madre-bambino, di "intersoggettività primaria", in
evidente contrapposizione al concetto di "narcisismo primario" e con
specifici riferimenti alla relazione oggettuale.Emde e Robinson
(1979), in una disamina di oltre trecento studi, hanno rilevato
l'estrema diffusione, derivante dal concetto di narcisismo primario,
del pregiudizio relativo al lattante considerato passivo ed
indifferente concludendo che l'idea del neonato regolato da pulsioni e
scariche è insostenibile.
Brazelton e Als (1979) hanno rilevato risposte affettive già nei primi momenti successivi la nascita.
Già Winnicott (1951) aveva sostenuto che le cure
materne rappresentano una componente essenziale senza la quale non
potrebbe esistere alcun bambino, prendendo a sua volta radicalmente le
distanze dal concetto di narcisismo primario di Freud.
In genere tutti gli autori che hanno privilegiato le teorie delle relazioni oggettuali si sono, esplicitamente o meno, opposti al concetto freudiano di narcisismo primario ed a quello del primato pulsionale.
Parlando di relazioni oggettuali come modello
mentale diverso rispetto a quello pulsionale è opportuno brevemente
parlare della teoria di Winnicott relativa alla
"preoccupazione materna primaria". Per Winnicott l'aspetto relazionale è
fondamentale: Winnicott ritenne che nel neonato già potesse esistere
una vita psichica, affermando contemporaneamente però che il neonato
non esiste se non in relazione ad una madre che se ne prende cura. Il
funzionamento psichico si struttura su quello che Winnicott chiama sé,
istanza psichica preliminare alla costituzione dell'io: con il
termine sé Winnicott indica il senso di continuità garantito dalle
capacità di adattamento della madre verso il bambino. Questa consente
al neonato l'illusione che il seno sia parte di lui: "... la madre pone
il seno laddove il bambino è pronto a crearlo, e nel momento giusto".
(1964).
L'illusione permette al bambino di esprimere una creatività primaria personale e la madre favorirà poi, progressivamente, una graduale disillusione consentendo la individuazione del bambino. Lo stato definitivo come "preoccupazione materna primaria" è quello in cui la madre sviluppa una sorprendente capacità di identificarsi con il bambino, fatto che le permette di prendersene adeguatamente cura. Prendersi cura assume per Winnicott il significato di abbracciare, contenere, ed il contenimento delle braccia materne sostituisce in qualche modo il contenimento della parete uterina. Il contenimento ha la funzione di lo ausiliario che consente lo sviluppo adeguato del rudimentale lo del bambino. I concetti di illusione - sostegno nella relazione materna conducono alla relazione oggettuale, modificazione legata al passaggio dalla fusione alla separazione.
L'illusione permette al bambino di esprimere una creatività primaria personale e la madre favorirà poi, progressivamente, una graduale disillusione consentendo la individuazione del bambino. Lo stato definitivo come "preoccupazione materna primaria" è quello in cui la madre sviluppa una sorprendente capacità di identificarsi con il bambino, fatto che le permette di prendersene adeguatamente cura. Prendersi cura assume per Winnicott il significato di abbracciare, contenere, ed il contenimento delle braccia materne sostituisce in qualche modo il contenimento della parete uterina. Il contenimento ha la funzione di lo ausiliario che consente lo sviluppo adeguato del rudimentale lo del bambino. I concetti di illusione - sostegno nella relazione materna conducono alla relazione oggettuale, modificazione legata al passaggio dalla fusione alla separazione.
B i o n (1963) ha accantonato totalmente il
concetto di pulsione di morte attribuendo la priorità dello sviluppo
emozionale del bambino al concetto che ha definito di "reverie
materna", concetto analogo a quello, già espresso da Winnicott, di
"madre sufficientemente buona". Bion ritorna in qualche modo alla
antica contrapposizione tra principio di piacere (che definisce
desiderio) e principio di realtà, laddove il principio di realtà è
rappresentato, questa volta, dalla madre che può essere, o meno,
capace di adeguata "reverie". Vi è dunque, in Bion, un prioritario
interesse per le qualità dell'oggetto, interesse però che pare
stemperarsi intensamente quando afferma che ciò che vi è di centrale,
nel destino umano, è la capacità del bambino di far fronte alla realtà
ed alle frustrazioni, e che tale capacità è innata, ereditata
geneticamente. Atti comunicativi hanno luogo sin dalla nascita:
l'importanza di questi, derivata dalle conoscenze del rapporto
madre-bambino, è al centro dell'attenzione di tutte le teorie dello
sviluppo emozionale incentrate sulle relazioni oggettuali. Emde
(1981), sottolineando come il bambino, sin dal suo esordio nella vita,
sia pronto all'interazione sociale e partecipe degli scambi con
coloro i quali lo accudiscono, ha criticato anche il concetto di
"relazione oggettuale" come inadeguato a descrivere le capacità
interazionali del bambino ed anche a causa della gamma di significati
cui la dizione "relazione oggettuale" può condurre (il riferimento
agli oggetti kleiniani appare evidente).
Le problematiche relative alla reciprocità affettiva evidenziano anche i limiti della teoria della "libido" di Freud: S p i t z (1976) ha sottolineato come Freud abbia considerato l'oggetto libidico quasi esclusivamente dal punto di vista dei desideri inconsci del bambino, e non sullo sfondo della relazione reciproca madre-bambino; T h ó m a e K a chele (1985), a loro volta, sottolineano come il radicamento di questa stessa tradizione abbia consentito a Kohut di derivare l'oggetto-sé dallo stesso, ipotetico, esperire narcisistico del bambino. Me 1 t z -e r (1992) ha affermato che l'evoluzione psicopatologica nell'essere umano è secondaria, più che alla esistenza di un istinto di morte, al fallimento relazionale, la cui conseguenza è quella di condurre verso una condizione narcisistica.
Non vi è dubbio chele idee espresse dai teorici delle "relazioni oggettuali" abbiano rappresentato un notevole progresso rispetto alle iniziali concettualizzazioni di Freud per il quale la pulsione di morte, oltre ad esprimere la tendenza istintuale conservatrice degli esseri viventi, esprime anche, dal punto di vista pulsionale vero e proprio, la condizione di narcisismo primario che può essere considerata alla base di tutto il successivo sviluppo della teoria psicoanalitica. Se le formulazioni espresse dalla psicologia dell'io potevano essere con facilità integrate nella teoria pulsionale freudiana, considerate un completamento di questa, la teoria della relazioni oggettuali può invece essere ragionevolmente ritenuta un cambiamento di paradigma della teoria psicoanalitica. Nel senso che il primato etiologico dello sviluppo umano spetta non alle vicissitudini del soddisfacimento pulsionale ma alla qualità affettiva delle originarie relazioni oggettuali. È cioè la qualità dell'oggetto ad evere significatività primaria.
In base alla teoria delle relazioni oggettuali, uno
stabile e definito senso di sé può essere ottenuto solo ed
esclusivamente nel contesto di una relazione oggettuale valida e
sostenente. Un mondo psichico privo di relazioni oggettuali sarebbe, in
questo senso, di per sé schizoide, ed un adeguato senso di sé sarebbe
possibile solo nell'ambito di una relazione d'oggetto soddisfacente.
Sottolineare cioè l'importanza di relazioni oggettuali vere (rispetto a
quelle della Klein, nelle quali il narcisismo primario esce dalla
porta per subito rientrare, prepotentemente, dalla finestra) è
sen'altro fondamentale ai fini della comprensione dello sviluppo
umano: tuttavia G r e e n (1991) ha sottolineato il rischio di
ipervalorizzare l'oggetto e di svilire, conseguentemente, il ruolo
svolto dalle pulsioni: l'oggetto infatti può essere considerato, in base
alle sue qualità, il rivelatore dell'esistenza delle pulsioni.
Analogamente M a n c i a (1992) ha sostenuto che la teoria delle
relazioni oggettuali "... non può reggersi da sola, in quanto
l'oggetto, senza la pulsione, sembra privo di vita".
Pur introducendo dunque, con tutto ciò, un
indispensabile ampliamento della teoria pulsionale sottolineando
l'importanza delle relazioni oggettuali, rimane comunque la necessità che teoria pulsionale e teoria delle relazioni oggettuali vengano integrate.
Possiamo ritenere infatti che la psicopatologia
psicoanalitica incentrata sulla teoria del conflitto debba partire dal
presupposto che non possono esistere disturbi nelle relazioni
oggettuali in modo indipendente rispetto a conflitti pulsionali.
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