lunedì 24 settembre 2018

Bulimia Nervosa: psicopatologia e clinica

Articolo su: Bulimia Nervosa, pubblicato su:  Toscana Medica

Francesco Giubbolini Psichiatra e psicoterapeuta

I criteri diagnostici di una sindrome che solo da quindici anni possiede una connotazione nosografica propria. Un problema magglore rispetto a quello, parallelo, dell'anoressia mentale.
La Bulimia Nervosa (BN) è un di­sordine del comportamento alimenta­re attualmente considerato entità cli­nica separata dall'Anoressia Mentale (A.M.). Quadro clinico di recente ac­quisizione, ha assunto negli ultimi decenni sempre maggiore importan­za. Bulimia significa, letteralmente, `fame da bue'; disturbo raramente ci­tato nelle pubblicazioni mediche pri­ma degli anni '60, successivamente è stata a lungo considerata sintomo, componente o variante dell'anoressia, mentre attualmente la bulimia viene ritenuta entità clinica a sé stante, e ciò sebbene esista una parziale so­vrapposizione, clinica e psicopatologi­ca, rispetto all'anoressia mentale.
Nel 1980 il DSM III identificava, tra i Disturbi dell'Alimentazione, la `Bulimia" come entità nosografica se­parata dell'Anoressia Mentale e ca­ratterizzata, essenzialmente, da epi­sodi ricorrenti di eccessi alimentari.

Nel 1987 il DSM III-R ribattezzava la sindrome come `Bulimia Nervosa" specificandone meglio, al contempo, i criteri diagnostici:
1) Episodi ricorrenti di eccessi ali­mentari.
2) Frequente ricorso a purghe e sensibile restrizione alimentare tra gli episodi bulimici.
3) Persistente ed esagerata preoc­cupazione per il peso e la forma del corpo.


Il DSM riserva un apposito ca­pitolo ai Disturbi dell'Alimentazione, precedentemente inseriti nei Disturbi dell'Infanzia Adolescenza e Fanciul­lezza, in sintonia con il progressivo aumento dei disordini alimentari ve­rificatosi negli ultimi dieci anni; crite­ri diagnostici aggiuntivi, rispetto alla precedente definizione, la sensazione di mancanza di controllo sul compor­tamento alimentare, l'eventuale ri­scontro di una intensa attività fisica tendente ad evitare (aumento di peso come alternativa all'uso di purganti o al vomito auto-indotto), infine il cri­terio "quantitativo", codificato in una media di due episodi di orgia alimen­tare alla settimana per un periodo di almeno tre mesi.
Si ritiene che la Bulimia nervosa sia da 5 a 10 volte più diffusa dell'anoressia mentale, che l'età me­dia di esordio sia tra i 12 ed i 20 anni, quindi più tardiva rispetto a quella per l'ANORESSIA MENTALE, anche per la B.N. vi è sta­to un aumento di prevalenza in tutto il mondo occidentale. Esiste una par­ziale sovrapposizione, clinica e psico­patologica, tra anoressia e bulimia. Tuttavia, la bulimia non conduce mai ai livelli di estrema emaciazione tipici dell'anoressia, ed il peso corporeo vie­ne generalmente mantenuto entro li­miti normali. Il disturbo dell'immagi­ne corporea che è tipico dell'anoressia nella bulimia non è frequente e, co­munque, non altrettanto marcato.

Clinica

I pazienti bulimici, per la maggior parte giovani donne, vivono con la convinzione (raramente giustificata) di essere sovrappeso, e sono contem­poraneamente incapaci di controllare l'apporto alimentare: alternano così periodi di dieta più o meno serrata ad episodi di vere e proprie `abbuffate', opportunamente definite `orge ali­mentari'.
La clinica della bulimia nervosa è sintetizzabile nella seguente immagi­ne: un soggetto femminile che ha fre­quenti episodi di abuso di cibo seguiti solitamente dalfauto-induzione di vo­mito o dall'uso di purganti, e che di­mostra intensa e costante preoccupa­zione per la forma ed il peso del pro­prio corpo.
La crisi bulimica è vissuta solita­mente in ore notturne, in solitudine: durante la crisi i pazienti ingurgitano con estrema voracità quantità enormi di cibo. La crisi solitamente fa seguito ad un impulso, sul quale il paziente sembra non riuscire ad esercitare al­cun controllo. E seguita da intensi sentimenti di colpa.
Durante il periodo intercritico si riaffaccia la preoccupazione per il pe­so e la forma del corpo e vengono at­tuate strategie volte al mantenimen­to del peso ai livelli normali. Tra que­ste, prima di tutte la restrizione die­tetica; oltre al vomito autoindotto e all'uso di purganti, spesso si riscontra una intensa e quasi ossessiva attività fisica; è da notare, a questo proposito, che spesso traumi e distorsioni osteo­articolari e/o muscolari, dovuti ap­punto all'eccessivo esercizio, possono essere il primo segnale indicativo dell'esistenza di una patologia buli­mica. Per fare un esempio, sulla rivi­sta "Lancet” è stato pubblicato nel 1985 il resoconto di un caso di Disor­dine della condotta alimentare laten­te, diagnosticato grazie ad una grave lesione provocata dalla pratica sportiva. Anche componenti ossessive sono di costante riscontro nella psicopato­Jogia bulimca; la crisi bulimca stes­sa è; di per sè, compulsiva, così come ossessive e costanti sono le preoccu­pazioni per il peso corporeo, mentre l'ideazione è costantemente incentra­ta su problematiche collegate al cibo e all'atto di cibarsi. Tratti ossess1`~ i di personalità sono infine evidenti an­che in: aree che nulla hanno a che fa­re con le problematiche `alimentari'.

Di frequente riscontro; nei pazienti. bulimici, la presenza di sintomi ap­partenenti alla sfera depressiva: strumenti di inadeguatezza e vergo­gna, ritiro sociale più o meno intenso, sentimenti di indegnità e colpa (talo­ra successivi alle crisi bulemiche, vis­sute come un abbandono alle proprie pulsioni, ma spesso presenti costan­temente).

Terapia

Il riscontro dei sintomi di natura depressiva associato a bulimia è il motivo per cui si afferma comune­mente l'efficacia della terapia farma­cologica antidepressiva nei confronti della bulimia. Qualora questa venga scelta, sebbene siano numerosi i far­maci a proposito dei quali si è affer­mata una qualche efficacia nel conte­nimento della sintomatologia buiimi­ca, è opportuno rivolgersi a farmaci antidepressivi di tipo serotoninergico, ad esempio fluoxetina (a dosi di 20-40 mg/die). E da notare, tuttavia, che non esistono studi controllati a lungo termine sull'efficacia del trattamento farmacologico a base di antidepressi­vi; gli studi esistenti si limitano infat­ti ad un periodo inferiore alle dieci settimane e valutano solo l'efficacia del trattamento a breve termine. Inoltre, dati preliminari sembrano indicare che la sospensione del trat­tamento è sovente seguita da ricadu­te.

All'eventuale trattamento farma­cologico va sempre associato il tratta­mento psicoterapico (psicoterapia breve di tipo psicodinamico) che sem­bra essere il trattamento di elezione. Una consulenza psichiatrica - psico­terapica è comunque sempre da ri­chiedere, trattandosi di un riscontro clinico - nosografico unitario il quale però riconosce alla sua base assetti psicopatologici i più diversi.

Psicoterapia  della Bulimia Nervosa


La conoscenza sull'efficacia della psicoterapia nel trattamento della bulimia nervosa (B.N.) e dei disturbi del comportamento alimentare è molto eterogenea.
Abbiamo una conoscenza discreta sull'efficacia della terapia della bulimia negli adulti.

Nella B.N. i trattamenti devono essere ritagliati in base alle caratteristiche dei singoli pazienti, ed essere accettabili per il malato e per la sua famiglia.
Nei casi adolescenziali è importante coinvolgere la famiglia, e si può ottenere un esito soddisfacente anche solo con la psicoterapia in fase ambulatoriale.

Un buon accordo tra coloro che si occupano del trattamento psicoterapico dei disordini del comportamento alimentare sembra esistere a proposito dell'idea che alcuni aspetti del disturbo di personalità, come l'impulsività e le caratteristiche borderline, possano essere predittivi di un esito meno favorevole.

Tuttavia la principale conclusione a cui si giunge con maggiore chiarezza, dall'esame della letteratura sui predittori di esito pre-trattamento, è che nessuno di quelli identificati è particolarmente utile ai fini della scelta del trattamento più adatto ad un particolare paziente.

Esistono, inoltre, alcune circostanze particolari nelle quali è necessario identificare i fattori di rischio alla prima valutazione e prenderli in considerazione nella programmazione del trattamento del paziente, sia a breve che a lungo termine.

Questo é il caso dei pazienti con storia di autolesionismo, tentativi di suicidio ed altri comportamenti ad alto rischio, delle pazienti in gravidanza o con figli piccoli e dei soggetti con comorbilità, ad esempio, con diabete mellito. Contrariamente all'anoressia, il corpus della ricerca sul trattamento della B.N. è più nutrito e qualitativamente migliore.

Le principali conclusioni raggiunte possono essere così sintetizzate: la psicoterapia è, attualmente, la forma di trattamento più studiata e ritenuta più efficace ai fini della risoluzione del disordine bulimico.

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